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Agra; il suo nome deriva, con molta probabilità, dalle voci idiomatiche ”agru”, ”agher”, che significano ”acero”.
Oggi non vi sono più molti esemplari di questa pianta, eppure il patrimonio boschivo della zona ha giocato un ruolo preminente nella toponomastica (basti pensare anche alle denominazioni delle frazioni Gaggio e Bedoré, che rinviano alle robinie e alle betulle), nell’economia e nella vita quotidiana di Agra.
Del tutto caratteristiche sono le antiche case di Agra con le loro ”lobbie”, balconi formati da assi di legno di faggio, castagno e nocciuolo, utilizzati anche per l’arredamento interno.
Le questioni relative alla vita di Agra venivano risolte sotto un albero, il che viene testimoniato persino dallo stemma di Agra: al centro di esso è riportata una quercia, sotto la quale, coricata sull’erba e in riva al lago, giace una pecora con la testa rivolta all’indietro, anch’essa simbolo dell’antica floridezza economica del paese.
Storicamente, Agra faceva parte del feudo dei duchi Rusca dal 1439 fino al 1583, quando fu acquistato dai Marliani, che lo mantennero fino al 1773, cedendolo in seguito al conte Antonio Crivelli, investito con nomina dell’imperatrice Maria Teresa. Con la venuta di Napoleone nel 1797 il sistema feudale venne abolito e proprio nel secolo Diciassettesimo si verificarono delle controversie sulle risorse silvestri da parte degli abitanti di Agra e di Maccagno. Antichi documenti riportano infatti delle dispute relative allo sfruttamento del terreno silvano della Nassa, un bosco confinante con entrambi i paesi, verso il quale gli agresi sconfinavano incessantemente, durante il periodo per loro più magro, che li costringeva appunto ad attingere indebitamente alle proprietà di Maccagno.
La questione fu così annosa che venne portata dinnanzi alla suprema autorità imperiale rappresentata da un giudice che ricorse ad un giuramento per accertare la sincerità delle affermazioni sostenute dalle parti. I maccagnesi non tardarono a giurare e vinsero la causa, ma gli agresi, pur di non prestare falsa testimonianza, non giurarono e si sottoposero onorevolmente alla sconfitta, consapevoli di tutte le perdite economiche a cui sarebbero andati incontro. Dopo un ventennio di scontri anche armati, nel 1757 una commissione istituita dal Senato di Milano stabilì definitivamente i confini dei due comuni, senza però ottenere l’effetto di calmare le acque tra i due paesi.
Nel terzo millennio Agra non fonda più la sua economia sul bosco e sulla pastorizia, e i maggiori introiti derivano dal turismo estivo che, grazie alle qualità paesaggistiche del comune, è in grado di decuplicare i trecento abitanti.
La chiesa parrocchiale è dedicata a Sant’Eusebio, costruita tra il 1931 e il 1933, è in parte edificata con materiali provenienti dall’antico edificio di San Rocco, ma conserva al suo interno alcuni affreschi eseguiti nel 1959 dal pittore Rivetta.
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