La resistenza della popolazione alle riforme radicali di Giuseppe II si manifesta soprattutto di fronte alle leggi che sopprimono le congregazioni religiose con finalità devozionali e contemplative; questa contrapposizione fra la società e il governo si verifica anche a Busto Arsizio, accentuandosi con il trascorrere del tempo e raggiungendo anche le caratteristiche della vera e propria rivolta, durante il periodo della dominazione francese.
Così il 29 gennaio 1797, una parte della popolazione di Busto si ribella contro l'esercito di Bonaparte per liberare alcuni prigionieri austriaci.
Il comandante dell’esercito francese Kilmaine infliggerà soltanto pene pecuniarie ai rivoltosi, ci si ricordi che la Francia aveva un disperato bisogno di denaro per fronteggiare la guerra in corso, anche per evitare una reazione generalizzata e per conquistare il consenso della gente con una punizione blanda e clemente.
Ma sostanzialmente la popolazione di Busto Arsizio preferisce dedicare le migliori energie allo sviluppo della propria economia, piuttosto che impegnarsi nelle attività politiche entrando nelle società segrete massoniche e liberali che si formano, un poco ovunque in Italia, in questa epoca.
E difatti l’economia cresce, e si sviluppa soprattutto il sistema industriale: ciò avverrà particolarmente nel periodo della Restaurazione, dopo il 1815, in seguito alla sconfitta di Napoleone Bonaparte e al definitivo ritorno, degli Austriaci.
Significativa è la descrizione che ne fa uno dei principali storici del comune, Pio Bondioli, nel suo Panorama storico dell’Alto Milanese, pubblicato nel 1951: “L’Alto Milanese, dopo il 1815 fu percorso da una febbre di iniziative industriali e commerciali destinate a fecondo avvenire.
Stabilimenti e officine sorgono un pò dappertutto, ma specialmente nei borghi principali.
Dall’estero (soprattutto Germania e Svizzera) vengono macchinari, esperti e capitali a dare mano agli industriali locali.
In testa e al primo piano si distinguono i cotonieri, che raccolgono in edifici appositamente costruiti i numerosi telai di legno e a mano sparsi già nelle case private, introducono la filatura meccanica.
Sono gli anni dei grandi pionieri dell’industria moderna italiana e la storia della nostra regione viene a contendersi con quella della industria cotoniera”.
Viene il tempo del Risorgimento e anche alcuni abitanti di Busto partecipano alle guerre d’indipendenza, arruolandosi nell’esercito piemontese o fra i volontari di Giuseppe Garibaldi; ma la proclamazione del Regno d’Italia incontra anche dure opposizioni, di natura religiosa e sociale, che si organizzeranno nel movimento cattolico e in quello socialista.
II nuovo governo italiano, adottando una politica economica fortemente liberista e abolendo le protezioni doganali, contribuisce a mettere in crisi le industrie locali; si eleva così la protesta della popolazione minacciata anche nell'occupazione, una protesta che aumenta di fronte all’incremento della pressione tributaria, assai più gravosa di quella richiesta dal governo austriaco.
Questo non deve far pensare che manchino altri elementi caratteristici della vita e della storia della seconda città della provincia varesina.
Busto Arsizio ha dato i natali a Daniele Crespi, uno dei principali pittori lombardi del Seicento, che ha lasciato alcuni autentici capolavori della pittura del periodo controriformistico, come il Cristo morto pianto da un Santo, custodito nella Basilica di San Giovanni a Busto unitamente alle notevoli tele che ornano lo stesso altare e agli affreschi della cupola nella medesima Basilica.
Un altro artista da ricordare, o meglio soprattutto un organizzatore culturale, è Giuseppe Bossi, segretario della Pinacoteca e della Biblioteca di Brera, poeta dialettale, acuto esponente del neoclassicismo italiano, amico di Carlo Porta, di Canova, di Alessandro Manzoni.
Accanto alle persone, non vanno dimenticate la Biblioteca Capitolare di San Giovanni, che custodisce numerosi antifonari miniati ritenuti di Francesco Crespi De Roberti, un sacerdote e studioso morto nel 1524.
Busto Arsizio à conosciuta ovunque, anche all’estero, per la produzione nel settore tessile, che prima della seconda guerra mondiale contava la presenza di 65 industrie, attualmente l’industria bustocca si è molto diversificata anche per la crisi che ha investito il settore tessile.
Industria meccanica, lavorazione della plastica, edilizia sono i settori dove l’industria locale ha cercato ed è riuscita a colmare la crisi del tessile, unitamente a uno sviluppo costante del settore commerciale e del terziario.