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Fagnano Olona: cosa vedere

Il castello di Fagnano Olona è situato sul ciglione che guarda il corso del fiume Olona e ha sempre avuto una funzione strategica

PRINCIPALI ATTRATTIVE

Il castello di Fagnano Olona è situato sul ciglione che guarda il corso del fiume Olona e ha sempre avuto una funzione strategica di rilievo.
Nell’anno 1743 si intraprese la costruzione dell’attuale Basilica della Valle su disegno dell’architetto Dionigi Maria Ferrari



Cenni storici  Clicca quì
Il Castello (I testi sono stati gentilmente forniti dalla Pro Loco di Fagnano Olona)

Il castello di Fagnano Olona è situato sul ciglione che guarda il corso del fiume Olona e ha sempre avuto una funzione strategica di rilievo.
Fin dall’alto medioevo, la Valle Olona rappresentava una naturale via di penetrazione da Nord verso la pianura milanese e perciò è naturale il trovare lungo la vallata una serie di fortificazioni sorte a vigilare il percorso iniziando da Varese, scendendo a Castiglione Olona, Castelseprio e appunto Fagnano.
Il castello viene considerato l’antemurale di Castelseprio ed è citato nelle lotte tra i torrioni e i Visconti.

Nel 1257 l’Arcivescovo milanese Leone da Perego abbandonata la città, si rifugiò nel Seprio, mentre da Milano partì Martino della Torre, Capitano del popolo, che giunto con le sue milizie a Fagnano assediì il castello che gli resistette e non fu conquistato.
Nel 1285 invece Fagnano visse di riflesso i fatti legati al Contado e alle lotte tra le fazioni Torrione e quelle Viscontee.
Nell’ottobre di quell’anno le forze viscontee assediarono la fortezza di Castelseprio in quel periodo tenuta da Guido da Castiglione, seguace dei Torrioni.

Abbandonata poi l’impresa si portarono a Fagnano ma non sappiamo se in quell’occasione il castello subì dei danni.
Quando il Seprio passò definitivamente in mano ai Visconti, il castello di Fagnano fu tenuto da quel ramo familiare che si chiamò proprio dei Visconti di Fagnano.
Il feudo fagnanese venne a dividersi in due parti distinte, una fu affidata al ramo di Giovanni Visconti di Gasparo grazie al quale si formarono i Signori di Fagnano ramo che si estinse nel 1514.
L’altra parte del feudo venne affidata ai discendente di Azzo Visconti, fratello di Giovanni e che formarono il ramo dei Visconti di Ierago.
Mentre ai primi spettò il castello, i secondi abitarono nel cosiddetto “Castellazzo” e la parte feudale da loro detenuta si nominerà “Comune di Azzo Visconti”.

Il castello di Fagnano nel 1451 venne affidato da Francesco Sforza a Filippo Maria Visconti conte di Albizzate, e figlio del milite Gaspare e di Agnese Besozzi.
Allo stesso venne confermato nel 1470 dal duca di Galeazzo Maria Sforza.

Nei diari di Cicco Simonetta segretario ducale, è ricordato un soggiorno nel 1474 di Galeazzo Maria Sforza al castello di Fagnano durante una battuta di caccia.
Infatti il duca alla fine di ottobre di quell’anno dopo aver cacciato a Castiglione Olona, a Varese, e nei dintorni di Gallarate, trascorse la notte del 31 ottobre al castello di Fagnano, “loco de Messer Filippo Visconti”.
Nel 1500 il castello era ancora in piena efficienza e partecipe delle lotte che interessarono il gallaratese tra ducali, spagnoli e truppe francesi.
È segnalato un assedio da parte delle truppe ducali al castello, presidiato dai francesi del capitano Valmontone.
Circondato il fortilizio i ducali ruppero l’ostinata resistenza degli assediati snidandoli con cariche esplosive che fecero cadere una parete del castello.
L’Imperatore Carlo V nel 1551 concesse il titolo di Conte di Fagnano a Vitaliano Visconti Borromeo.
A Gaspare Visconti, che succedera' a Carlo Borromeo nel 1585 come Arcivescovo di Milano, sono attribuiti i lavori di ristrutturazione del castello gia' rovinato nei decenni precedenti. Nel trasformato castello l’Arcivescovo Gaspare Visconti trascorreva i periodi estivi e qui si rifugiò durante l’epidemia del 1587-88.
Nel 1674 il feudo fagnanese era tenuto congiuntamente dai Visconti di Fontaneto e dai Visconti Borromeo.

Situato al centro del paese, sulla sponda sinistra dell’Olona, il castello presenta ancora evidenti le sue massicce strutture fortificate.
In origine la pianta del fortilizio era quadrilatera, con quattro corpi di fabbrica attorno al cortile e due torri angolari.
Questa è ancora la parte che sussiste sul lato nord del complesso, con struttura quattrocentesca.
Successivamente, nel secolo seguente, si eseguirono delle opere di ampliamento attribuite a Gaspare Visconti, così da raddoppiare la superficie del castello verso sud, con i corpi ed il secondo cortile rivolti verso il paese.
Attualmente il castello presenta così questa duplice struttura.
Verso la piazza dove attorno corre l’asciutto fossato, si apre l’ingresso principale a cui si accede da un ponte che scavalca il fosso.
Il portale barocco con cornice bugnata e due colonne laterali in sarizzo da l’accesso al primo cortile.
Sopra corre una balconata elegante, mentre ai lati sono i corpi di fabbrica aggiunti alla fine del 1500.
La muratura in mattoni e l’aspetto delle nuove ali certamente ingentilisce le forme severe del castello, attribuendogli oggi più il carattere di palazzo residenziale che di fortilizio.
Entrati nel cortile un triportico passante con pilastri pugnati divide il primo dal secondo cortile e la suddivisione risponde alla reale separazione tra la parte nuova barocca e la parte antica quattrocentesca.
Il secondo cortile presenta sulle pareti tracce di affreschi policromi con stemmi ed elementi decorativi.
Sotto l’intonaco scrostato si puì leggere ancora l’andamento delle cornici in cotto delle finestre quattrocentesche, con arco a pieno centro e a centro ribassato, oggi murate.
Sul alto nord del cortile c’è uno stemma con biscione visconteo e ai lati le lettere F R.
Anche verso il porticato c’è un tondo con biscia viscontea e le lettere gotiche F M, forse lo stemma di Filippo Maria Visconti che deteneva il castello nella metà del quattrocento.
Altra pietra con stemma visconteo si trova sul portale che da l’accesso allo scalone per i piani superiori.
Tra il primo cortile e il secondo a nord, sono ai lati le due torri originarie del castello.
La torre di sinistra, ribassata rispetto all’edizione primitiva è stata intonacata.
Verso la facciata principale si ha una finestra ricavata su di una precedente, ad arco a pieno centro.
Nella parte superiore corre una cornice di mattoni a dente di sega, caratteristica tipica delle strutture viscontee.
La torre di destra è integra nella sua struttura muraria in mattoni.
Una decorazione con i tipici denti di sega che si ritrova nei castelli visconteo sforzeschi della pianura, corre lungo tutta la fascia mediana.
Sopra ci sono due finestre per ogni lato, ad arco ribassato, alcune murate.
Il tetto poggia sul coronamento dei merli ghibellini che concludono la parte superiore senza sporto.
Sul lato esterno, a sud est dell’edificio, si nota chiaramente la cesura tra il primo ed il secondo corpo, aggiunto successivamente.
Sulla parete del corpo quattrocentesco corre all’altezza del secondo piano una serie di merli, poi integrati nella costruzione, che denota l’antico andamento della muratura e la successiva trasformazione in epoca barocca.

Sempre a Fagnano vi è il complesso denominato “Il Castellazzo” facente parte dei possessi fagnanesi dei Visconti di Ierago e così denominato fin dal 1500.
Nell’atto divisionale del 1493 tra i fratelli Gaspare e Bernabò Visconti, figli di Azzone, a Gaspare spettò la casa di Fagnano “uni dicitur ad castellatium” al Castellazzo.
Questo edificio, posto anch’esso a dominare il corso dell’Olona, ma più a sud del castello, deve aver avuto in origine delle strutture fortificate così da giustificare il proprio nome.
Della struttura castellana rimangono il complesso a sud tipicamente quattrocentesco con portale a tutto sesto in massi di granito, le finestre con eleganti cornici in cotto e la possente muratura in ciottoli.
Elementi che fanno datare il complesso al secolo XV.

Chiesa di San Gaudenzio (I testi sono stati gentilmente forniti dalla Pro Loco di Fagnano Olona)

Essendo cadente e troppo angusta la vecchia chiesa di San Gaudenzio, risalente al 1500, si intraprese nell’anno 1743 la costruzione dell’attuale Basilica della Valle su disegno dell’architetto Dionigi Maria Ferrari, che fu approvato dalla Veneranda Curia Arcivescovile il 15 novembre di detto anno.
Siamo riusciti a trovare presso la Biblioteca Ambrosiana, nella “raccolta Ferrari”, i disegni del progetti di San Gaudenzio.

Nell’archivio parrocchiale si conserva la “Memoria della Fabbrica della Chiesa nuova”, un promemoria scritto dal parroco Mazzucchelli che annota giorno dopo giorno i fatti più salienti di un’impresa, per molti versi, non facile.
Sempre in archivio abbiamo una trascrizione dattiloscritta a cura del nostra carissimo don Luigi Brambilla, che è di grande aiuto per chi non vuol rovinarsi la vista leggendo l’originale.
Qui trascriviamo le prime e le ultime righe di questo quadernetto, che contengono le date di inizio e conclusione dei lavori della chiesa.

Dalla prima pagina della “Memoria 1743. Novembre” “Addì 17 domenica 3a di novembre e di Avvento, ore 20.
Dall’Illustrissimo Signor don Giuseppe Visconti Borromeo si pose la prima pietra solennemente prima benedetta dal Signor Prevosto Borrone di Busto dietro al coro nel mezzo, ponendosi prima un poco di malta con cazzuola in dorata tutto portato in processione dal suddetto don Giuseppe, la pietra e dal suo Com.re Sig. Giuseppe Pallavicino la cazzuola.
Addì 18. Si cominciarono le fondamenta da due capimastri; cioè M° Antonio Cattaneo di Vengono Superiore e M° Defendente Piantanida di Cedrate, con altri quattro muratori”.
Cinque anni più tardi la Chiesa di San Gaudenzio è terminata.

Ecco le ultime fasi dell’impresa (ultime pagine della “Memoria”). “1748 maggio lì 15. Stabilito l’involto del coro e anticoro. Oggi s’è terminato di stabilire anche il coro.
Giugno lì 18. Si cominciaron li stucchi nel primo capitello dei finestroni a mezzodì.
Luglio lì 27. Si è terminato di stabilire tutto il coro.
Settembre lì 18. Si sono terminati tutti li stucchi”. Abbiamo già accennato alle difficoltà nella costruzione della chiesa.
Il “chronicus” ricorda la più grossa: “Per trovare un’area che corrispondesse alla vastità della medesima si dovette superare incredibili difficoltà, ma la generosità delle diverse famiglie signorili che solevano dimorare in paese a quell’epoca, specialmente dei Conti Visconti e dei fratelli Belvisi, resero possibile la costruzione dell’ampio tempio.
A tal proposito pubblichiamo una mappa del 1753 che illustra, meglio di ogni commento l’operazione avvenuta.
In seguito alla ratifica di queste donazioni si poté iniziare i lavori della sacrestia e poi dell’imponente torre campanaria.
Nel 1788 il progetto dell’ing. Ferrari, con qualche modifica, era finalmente attuato.
Le spese della fabbrica furono sostenute in gran parte dall’illustrissima Casa Visconti, allora principale proprietaria del paese, da altri signori possidenti, nonché dal popolo, il quale concorse col trasporto gratuito del materiale occorrente.
Dal progetto dell’ing. Ferrari non risulta nessun porticato. Infatti la facciata dalla elegante linea settecentesca non ne voleva nessuno.
Ancora una volta l’arte doveva pagare il pedaggio ad esigenze più concrete e, diciamo pure, alla ambizione umana, a volte meschina, come nel caso nostro.
“Siccome i signori Visconti per motivo di aver sostenuto la maggior parte della spesa, pretesero di collocare il loro stemma non solo sull’incrocio dell’arco delle due cappelle più vicine all’altare maggiore, ma persino sulla facciata esterna, il popolo divisò di toglierlo affinché il tempio non corresse pericolo di diventare in seguito proprietà dei Visconti.
A tal scopo si eresse l’imponente atrio nel 1824 addossato alla facciata, sostenuto da 10 colonne di muro con basi e capitelli di pietra tolta dalle cave di Saltrio. Ciò diede luogo ad un clamoroso processo intentato dai Visconti contro il popolo e che terminò col dar ragione al parroco Pietro Maria Macchi, il quale spese L.12 del suo, per quella costruzione”.

Ma lasciamo da parte queste poco edificanti dispute e veniamo alla descrizione della chiesa.
La Chiesa Parrocchiale di San Gaudenzio ha una sola navata che è lunga m. 28,50 e larga m. 11; dall’altare maggiore all’abside misura m. 10,70; la lunghezza delle cappelle è di m. 3,30, lo sfondo m. 2,83.
L’altezza della navata è di m. 20, l’altezza della tazza sopra l’altare è di m. 22.
L’altare maggiore è di marmi impellizzati, in gran parte di bradile. Costruito nel 1777 su disegno dell’ing. Francesco Bernardino Ferrari, figlio di Dionigi Maria.
“A tenore del contratto doveva essere di marmo massiccio, perciò la Fabbriceria dopo scoperto l’inganno del marmorino, certo Antonio Monzino di Como, essendosi opposta al pagamento dell’ultima rata di L. 500, venne assolta”.

Le cappelle: la prima a destra, entrando, era dedicata alla Sacra Famiglia e a San Carlo, ora a San Giuseppe patrono dei morenti.
È fabbricata con buoni marmi acquistati da una chiesa di Tradate.
La pala d’altare era il quadro della Sacra Famiglia, di buon autore ignoto (sembra della scuola del Luini), che si conserva in coro attualmente.
Prima ancora c’era un quadro di San Carlo che, ridotto in pessimo stato, fu tolto e sostituito da quello che prima si trovava nella seconda cappella di juspatronato della famiglia Bulgherini (precisamente la Sacra Famiglia).
Ora questa cappella la seconda dello stesso lato, è dedicata alla Beata Vergine Immacolata di cui c’è una pregevole statua in legno dono del missionario Francesco Belvisi.
La prima cappella a sinistra è dedicata al Santissimo Crocifisso, collocato entro una nicchia incorniciata da marmo nero.
Il simulacro, molto venerato, proveniente dalla soppressa Chiesa di San Marcellino di Milano fu collocato nel 1809, anno in cui venne inaugurata la nuova cappella.
In questa cappella si può ammirare la “Deposizione” del Mengozzi di proprietà della biblioteca di Brera.

La seguente cappella era dedicata alla Beata Vergine della Neve di juspatronato Visconti; in essa vi era il quadro che serviva da pala, collocato in seguito nel coro (non si sa che fine abbia fatto!), quando la cappella fu dedicata a San Gaudenzio patrono della chiesa.
La statua del santo di cui si ignora la provenienza, ci sembra bella.
I marmi dell’altare sono di Carrara meno la mensola dei candelieri che è di marmo giallo.
Entrando a sinistra c’è il Battistero in ottimo stato e in piena regola.
Di fronte la cappella dedicata a Santa Teresa di Lisieux.
Nel 1872 “principalmente per la generosità di un oblatore”, il parroco Zappa acquistò la Via Crucis.
La torre campanaria, opera di Francesco Bernardino Ferrari, si eleva a m. 40 a fianco del coro.
Fu iniziata nel 1786 e terminata due anni dopo; fu costruita con mattoni formati con la terra di un fondo del Beneficio parrocchiale ove fu costruita la fornace e trasportati a mano dai parrocchiani, disposti a catena, che di là giungevano in paese.
I vivi del finimento sono di pietra della vecchia cava di Viggiù.
Nel 1791 furono collocate cinque nuove campane della ditta Natale Mainoni di Milano.
Le sei campane di bronzo che vi sono ora furono acquistate dalla celebre Fonderia Bizzozzero di Varese nel 1871.

La decorazione interna della chiesa è stata attuata, parte nel XIX secolo e parte nel XX secolo con protagonisti i parroci don Rocco Fontana, don Roberto Bernasconi e don Antonio Scarpa.
La “Basilica della Valle” è come il Duomo di Milano: non è mai finita.
A partire dal 1860 siamo informati, circa i lavori della chiesa, dal chronicus della Parrocchia di Fagnano.
Così ci è facile seguire a passo a passo i restauri, le aggiunte, gli abbellimenti ed i cambiamenti.
Una data importante della storia della nostra chiesa è il 3 settembre 1883: “La chiesa parrocchiale di San Gaudenzio era tanto annerita, specialmente nella volta e il cornicione molto rovinato, cosicché abbisognava un sollecito restauro.
Avendo il parroco esposto al popolo la necessità di abbellire il tempio e di aiutarlo con offerte generose, ne fu assecondato.

Principale offerente fu il Padre Francesco Belvisi, comproprietario del paese, il quale diede, per tale scopo L. 1500. Tra i diversi disegni presentati, dietro consiglio del Prevosto Tettamanti fu scelto quello del pittore Tagliaferro di Lecco il quale dipinse nell’abside del coro la trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, sopra l’altare la Gloria di San Gaudenzio che a giudizio di pittori intelligenti è riuscita egregiamente, lungo la volta, sopra i quattro finestroni, i quattro principali dottori latini, oltre tre quadretti rappresentanti la fede, la speranza e la carità a colori, e in chiaroscuro San Gioacchino, Sant’Anna, San Giovanni B., San Francesco d’Assisi, Santa Agnese e San Rocco.
Sul triangolo dell’atrio fu dipinto San Gaudenzio.
A conclusione dei lavori di restauro fu invitato per l’inaugurazione del 3 settembre 1883 Mons. Paolo Ballerini, Patriarca titolare di Alessandria d’Egitto”.
Un’altra data importante è quella del 5 maggio 1901: in occasione della visita pastorale il Card. Andrea Carlo Ferrari consacrò la Chiesa di San Gaudenzio.
Il fatto è eternato da una scritta che si può leggere sopra la bussola di entrata sopra la porta principale.

Nel 1925 don Bernasconi riprende i lavori di decorazione.
Così troviamo scritto in un foglio datato 18 marzo 1927 e firmato dallo stesso parroco e dal coadiutore don Giuseppe Donati: “Essendo Sommo Pontefice Pio XI, che prima fu Arcivescovo Cardinale di Milano, Achille Ratti nato a Desio, essendo Re Emanuele III, capo del governo e primo ministro Benito Mussolini, parrocodi Fagnano Olona dal 14 febbraio 1914 don Roberto Bernasconi e coadiutore don Giuseppe Donati, si intrapresero i lavori di decorazione con stucchi e ornati, i ritocchi degli affreschi del Tagliaferri a cura di Carlo Cocquio e le decorazioni in parte dei fratelli Luigi e Carlo Bianchini di Ligurno.
I lavori cominciarono nel 1925 e continuarono negli altri anni con concorso pecuniario di tutto il popolo che si sottoscrisse un’offerta mensile, e gli operai nei vari stabilimenti pagarono L.5 a testa”.
Ci sembra che il progetto, alquanto ambizioso, del parroco Bernasconi non abbia tenuto sufficientemente conto dello stile settecentesco della chiesa, la quale risultò notevolmente appesantita.

Don Bernasconi non vide realizzato il suo sogno ma l’opera però fu portata a termine dal suo successore don Antonio Scarpa il quale entrato a Fagnano il 30 novembre 1930, già nel gennaio del 1931 riprendeva i lavori: “Detti lavori consistevano nella decorazione a stucchi dell’altare maggiore, nel coro e nell’affresco sulla regalità di Cristo al lato sinistro dell’altare maggiore, di fronte all’organo (ora c’è l’affresco dell’ultima cena). Pittore: Arturo Galli di Milano, decoratore in oro Colombo Emilio di Fagnano, decoratori in stucchi i fratelli Quigliatti di Varese.
Messa in opera di nove vetrate artistiche della ditta Brusotti di Milano: una dedicata a San Gaudenzio sulla facciata e offerta dalla spettabile famiglia Bellora. Due nel coro, uno raffigurante San Martino e l’altra Sant’Ambrogio, offerte dal signor Angelo Pigni in memoria dei defunti genitori.
Due sull’altare maggiore offerte dalla ditta Candiani. Una sopra l'altare dell'Immacolata offerta dalla Pia Unione delle Figlie di Maria. Una sopra l'altare di San Gaudenzio, offerta dalla Confraternita del Santissimo Sacramento. Due sopra l'altare del crocifisso e San Giuseppe, offerta dalle famiglie Tronconi, Fontana, Bossi, Turati, ecc ecc.".

L’inaugurazione fu il 2 agosto 1931 festa patronale.
In quella occasione si fece pure l’incoronazione del Santo Crocifisso, per opera di Mons. Cav. Uff. Eugenio Gilardelli, prevosto vicario foraneo di Legnano.
Il 1932 vede l’inizio dei lavori della facciata, condotti a termine per la festa del Corpus Domini del 1933, anno della visita pastorale.
Subito dopo la visita pastorale, nessuna importante innovazione nella chiesa parrocchiale all’infuori di due affreschi eseguiti sempre dal prof. Galli di Milano, ai lati del quadro della regalità.
Il primo venne fatto nel 1934 e rappresenta S. Giovanna Antida Thouret, fondatrice dell’Ordine delle Suore della Carità;
Il secondo, fatto nell’anno seguente, figura il Santo Educatore dei Giovani, Giovanni Bosco.
Bisognava arrivare fino al 1944 per trovare altre notizie riguardanti la chiesa di San Gaudenzio e questa volta si tratta del nuovo organo.

“Anno di odio e di sangue il 1044, ma per noi fu un anno di generosa cristiana carità.
All’edificazione spirituale delle anime va, di pari passo l’edificazione materiale del tempio parrocchiale.
Per iniziativa del presidente degli Uomini di Azione Cattolica, rag. Adolfo Gandola, d’accordo col M. Rev. Parroco di iniziano i lavori di ricostruzione totale dell’organo, che sarà installato nell’abside e che sarà fabbricato ex novo, dalla ditta Mascioni Vincenzo e Figli, di Cuvio (VA).
L’organo nuovo sarà veramente una perla della Valle Olona e i concerti devoti che da esso si sprigioneranno, serviranno ad aumentare la devozione e la fede dei parrocchiani”.

L’organo nuovo, composto di due tastiere con 28 registri sonori più 9 meccanici, totale canne 1974, arrivò dalla fabbrica sui primi di novembre del 1945 e la completa installazione nel Coro avvenne entro la fine dello stesso mese.
Il 7 dicembre nel pomeriggio: “Sedeva al nuovo organo il maestro Francesco Fossati di Busto Arsizio, direttore dei cori della nostra corale era il maestro Giuseppe Mercanti pure di Busto Arsizio. Il collaudo riuscì di gradimento a tutti.
Padrino era il generoso oblatore dell’organo stesso Comm. Giuseppe Tignola, madrina la sua consorte, Giuseppina Meriggia Tignola”.
Sull’area del demolito organo, sempre nel 1945, fu dipinta fra nuove stuccature e dorature, una ‘Cena degli Apostoli’, autore ancora il Galli.

Ai fianchi il professor Milanese dipinse anche Santa Rita da Cascia e San Francesco Saverio.
L’anno seguente la chiesa fu di nuovo abbellita con due tele raffiguranti la conversione di San Paolo e l’apparizione di Cristo a San Pietro, dipinte da un giovane dilettante del paese, Ezio Ubertalli, di discreto valore: tele poste fra nuovi stucchi in fondo alla chiesa sopra le due porte laterali.
Nel 1947 furono iniziati e completati i restauri del Battistero “che stonava con la sua nudità. Ora, mediante l’opera intelligente del prof. Arturo Galli, può stare alla pari col resto della Chiesa”.
Nel 1948 si rifà il pavimento: è in marmo di Carrara e rende la chiesa ancora più splendente e degna del grande Re che vi abita.
I grandi lavori sono ormai eseguiti: rimane qualche ‘tocco’ che porta a definitivo compimento i grande e maestoso tempio.

Segnaliamo in data 1951 un’opera ‘nascosta’ che va ricordata per il suo significato spirituale: a ricordo della Missione tenuta dai Padri Passionisti, viene murata sotto l’atrio, una croce di bronzo appositamente fusa dalla ditta Fratelli Pogliana.
Il 15 giugno 1958, in occasione del primo centenario dell’apparizione della Madonna a Lourdes, viene incoronata solennemente l’Immacolata.
“Preparata con un triduo di predicazione e di preparazione dei bambini della Cresima, la giornata è stata un trionfo per l’Immacolata.
La corona d’argento e d’oro, tempestata di pietre preziose è stata posta da sua Ecc. Mons. Schiavini, Vicario della Diocesi”.

Infine i due ultimi interventi dell’epoca di don Scarpa, ambedue nel 1960.
Il 3 ottobre festa di Santa Teresa del Bambin Gesù, viene inaugurato e consacrato un nuovo altare dedicato alla ‘più grande Santa dei tempi moderni’ per lascito testamentario della sig.na Angela Poletti morta nell’agosto del 1959.
La spesa oltrepasso un milione e mezzo di lire.
L’altare è stato ideato e costruito sotto la direzione di un Padre Cappuccino.
Sotto l’altare, la figura del corpo della santa, illuminato e splendente.
È un modello riuscito che attira la devozione, un gioiello d’arte che oltre alla pietà dei fedeli, da decoro alla chiesa.
Il 17 dicembre: benedizione delle statue di Sant’Ambrogio e San Carlo, installate in alto sulla facciata della chiesa, il sogno di don Scarpa dal 1930. “Il bianco marmo travertino, nel quale sono state scolpite le due statue, del peso di 25 quintali ciascuna, opera notevole dello scultore Riccardo Sutter di Milano, spicca nello sfondo rosso delle alcove ed i due santi, patroni della diocesi in atteggiamento benedicente, sovrastano dall’alto tutte le case del paese in segno di difesa e protezione.
Dopo trent’anni di speranze il reverendo parroco ha potuto realizzare un’opera da lui ideata ed ora consacrata e benedetta da Mons. Galimberti, Prevosto e Vicario foraneo di Busto”.

Nel 1965 don Antonio Scarpa, si ritira nella Casa di Riposo del Clero a Milano; gli succede don Giuseppe Molinari che trasferito a Treviglio nel 1977 viene sostituito da don Piero Riveda a cui subentra nel 1997 l’attuale parroco don Giovanni Annovazzi.
In questi anni, in coincidenza con la riforma liturgica, il tempio soprattutto nella parte dell’altare maggiore è stato modificato ma, sia perchè i cambiamenti sono recenti e noti a tutti, sia perchè la sistemazione è provvisoria, non crediamo opportuno riferire la cronaca dei fatti.
Un augurio però ci sentiamo di fare ai nuovi parroci affinché venga rispettata la linea architettonica della meravigliosa opera del Ferrari e nello spirito di coloro che ci hanno preceduto.
Nulla si risparmi per dare splendore e dignità a questo tempio, la cui sacra area rappresenta dal secolo XIII il centro storico, spirituale e ideale di tutta Fagnano.

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